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Il profondo legame tra Sardegna e Genova

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Lug 23, 2023

Ciao Pirati dei Ratti!!!

Nell’armoniosa sinfonia del tempo, c’è un luogo sospeso tra passato e futuro, tra onde di mare e vette di granito, dove il destino dei suoi abitanti è intrecciato inestricabilmente con il filo dei geni che li ha plasmati. Questo luogo è la Sardegna, una terra di antiche tradizioni e culture profonde, dove l’anima della gente danza in armonia con la natura maestosa che la circonda.

I sardi, con i loro occhi scuri carichi di saggezza e i cuori generosi e accoglienti, rappresentano l’incarnazione stessa della forza e della resilienza di questa terra. Il carattere dei suoi abitanti, forgiato nel tempo da una storia di dominazioni e lotte, si rispecchia nel loro amore per la libertà e la tenacia nel fronteggiare le avversità.Il mare, compagno inseparabile della Sardegna, è il riflesso dell’anima stessa dell’isola: profondo, imprevedibile e affascinante. Le sue acque turchesi incantano gli occhi e riscaldano l’animo, mentre il vento salmastro canta una melodia ancestrale. I sardi, abituati a trascorrere le loro giornate tra le onde e a trarre il sostentamento dalle ricchezze marine, hanno imparato a comprendere l’essenza dei flutti, così simile alla loro stessa essenza.

Ma i monti, quei massicci granitici che spuntano fieri e maestosi dall’entroterra, sono la spina dorsale della Sardegna. Queste montagne robuste e inesplorate rappresentano la fermezza e la determinazione dei suoi abitanti, che hanno sempre saputo affrontare le difficoltà con un sorriso sul volto e il coraggio nel cuore. Tuttavia, negli anni ’60 e ’70, la quiete di questa terra millenaria fu scossa da un’opportunità di lavoro nel capoluogo ligure: Genova. Il lavoro portuale, con le sue promesse di un futuro migliore, attirò molti sardi che si lanciarono verso l’ignoto, lasciando alle spalle i loro amati mari e monti. Ma anche a Genova, questa comunità trovò un modo di portare la loro essenza sarda, il loro spirito gioioso e la loro forza di volontà.

Il legame tra geni e Sardegna, indissolubile come un nodo marinaresco, si rivelò ancora una volta in queste nuove terre, dove i sardi portarono con sé la loro cultura, le loro tradizioni e il loro inconfondibile sorriso, trasformando Genova in un pezzo di Sardegna lontano da casaE così, mentre le onde del mare continuano a lambire la costa sarda e i monti custodiscono gelosamente i segreti del passato, il filo dei geni continua a tessere la trama di una storia senza tempo, in cui il legame indissolubile tra questa terra e il suo popolo rimane saldo e incrollabile.

Una testimonianza di questo legame è il racconto della nostra amica Laura Barraco che ha condiviso con noi questa sua esperienza!

Buona lettura a tutti!

” Vedi, non è tanto dove si va, ma come si va.
Quello che lasciamo nel cuore delle persone che incontriamo è il come si va.”

Ciò che vi racconto è un ricordo di circa 40 anni fa, negli anni 70, quando abitavo a Genova con la mia famiglia d’origine e io avevo circa 17 anni.
Era l’ultima estate che passavo a Genova poiché per l’autunno mi sarei trasferita in Toscana.


Nei primi giorni del mese di agosto io, il mio ragazzo di allora e alcuni amici della nostra compagnia decidemmo di andare in vacanza in Sardegna e girarla in Vespa.
Eravamo in 3 coppie con 3 Vespe e prendemmo il traghetto per Olbia, perché era il più economico, ma la destinazione, una volta giunti in porto, era Santa Teresa di Gallura.Quindi approdati ad Olbia, proseguimmo in vespa, attraversando l’entroterra della Sardegna.
Fu un viaggio tranquillo e che mi sorprese, perché la vegetazione intorno era arsa con macchie disordinate di sterpaglia .
Però tra le varie soste nei paesi incontrammo gente molto alla mano e simpatica, i veri sardi, i quali ci offrirono del cibo, degli assaggi di formaggi del posto, del carasau e dell’acqua fresca.
Sono generosi i sardi è vero.


Giunti in un campeggio che costeggiava la costa nord est della Gallura, il panorama si manifestava completamente diverso e magnifico.
Ma non vi racconterò delle spiagge e del mare cristallino e delle piccole oasi color smeraldo.

Nei giorni seguenti il rapporto con il mio ragazzo stava declinando . Ci rendemmo conto, entrambi, che stare insieme 24 ore su 24, l’amore che ci aveva così tanto entusiasmato all’inizio, si trasformò in sopportazione; ebbene, non eravamo per niente compatibili caratterialmente .Si litigava spesso per ogni cosa dalla colazione a chi avrebbe dovuto lavare i piatti usati per la cena, finché una mattina, nei pressi di una bellissima spiaggia turistica, litigammo di brutto per l’ennesima sciocchezza.
Se ben ricordo, per un gioco con il pallone, questo per confermare il livello massimo raggiunto di intolleranza.
Io ribelle e lui che pretendeva si facesse qualunque cosa come lui diceva .
Mi diede uno spintone da dietro le spalle e io caddi con la faccia sulla sabbia.
Sicché incazzatissima presi e me ne andai con soltanto addosso il costume e sopra il pareo e ai piedi le espadrillas.


Mi inseguì uno degli amici del gruppo, tentando di fermarmi, ma oramai ero decisa di mandare tutti a quel paese anzi di andare io a quel paese, il più lontano possibile .
Ero così da sola, camminavo su una strada statale asfaltata che non sapevo nemmeno quale strada….ogni tanto sfrecciava un auto, avrei potuto fare l’autostop, invece proseguivo a piedi per sbollire la mia rabbia.
Non avevo la minima intenzione di tornare indietro e tanto meno di passare al campeggio a prendere la mia roba.
Lungo il tragitto incontrai un giovane ragazzo biondo, anche lui camminava da solo .Facemmo subito amicizia, era facile per la mia generazione fare subito amicizia anche così per strada, era normale , poiché non esisteva Internet, né i social e neppure i cellulari.


Lui mi raccontò che era di Roma, che era venuto sull’isola a fare le vacanze insieme alla sua ragazza e degli amici e che aveva litigato con la sua ragazza e che pure lui se ne era andato via esasperato. Una storia molto simile alla mia gli dissi.
Lui, però, si era portato con sé il suo zaino , mentre io avevo lasciato tutto anche la borsa e i soldi.
Questa è la strada per arrivare a Porto Torres mi informò.
D’improvviso passò una corriera che non appena ci vide si fermò.
L’autista sardo ci chiese se volevamo un passaggio. Aveva intuito che due giovanissimi come noi, a piedi, si erano sicuramente persi o era successo qualcosa.
Sono certa che ce lo avevamo scritto in volto che, forse, non sapevamo dove stavamo andando.
Così arrivammo a Porto Torres e il mio nuovo amico pagò il biglietto per me per Genova e per sé per Civitavecchia.
Il traghetto per Genova sarebbe partito da lì a pochi minuti e così ci salutammo con un grande e forte abbraccio e lo ringraziai per il biglietto di ritorno.
Ci augurammo una buona vita.
Salii sul traghetto strapieno di gente.

E mi sedetti sul pavimento della nave .
Molti erano seduti per terra…non c’era posto a sedere né dentro né all’aperto.
E faceva caldo!
Poco distante da dove io ero seduta per terra, si erano seduti 4 ragazzi un po’ più grandi di me.
Non li avevo considerati e ad un certo punto mi ero resa conto che ero delusa e sola .
Avevo gli occhi umidi, ma non piangevo,
mi sentivo terribilmente triste …che brutta estate pensavo…


Questi ragazzi mi guardavano senza infastidirmi e senza fare domande, ma tra di loro cominciarono a scherzare, in questo modo attirarono la mia attenzione, per farmi sorridere.
Tra una battuta e l’altra, uno di loro mi offri una lattina di aranciata fredda. Io accettai la bibita e fu così che parlammo.
Mi raccontarono che loro erano sardi e amici e che erano partiti per Genova per lavoro.


Speravano così di lavorare tutto l’anno e ognuno lasciava sull’isola chi la ragazza che amava, chi i propri genitori, chi la famiglia e gli amici…per trovare un buon lavoro a Genova.
Erano anche loro tristi per un altro motivo. Lasciavano la loro amata Sardegna, dove erano nati e cresciuti, lasciavano dietro di sé gli affetti e le loro cose e io mi commossi.
Li osservai uno ad uno per non dimenticare i loro giovani occhi scuri che brillavano di una scintilla, la speranza; li osservavo per tenere in mente i loro visi abbronzati dal sole caldo che avvolgeva un’isola meravigliosa, dalla terra aspra e allo stesso dolce e nostalgica, dai colori vivi e spettacolari e allo stesso così caldi da bruciare l’anima.
Questi giovani amici si sostenevano, si volevano bene ed erano belli, solari, pronti alla battuta e alla risata .
Nonostante tutto.


Ma il tempo ci cambia tutti .
Confidai loro la mia breve storia d’amore e la mia vacanza fallita in Sardegna.
E loro mi consolarono con le parole, con le loro storie .
Condivisero con me il loro cibo, preoccupandosi per me se ne avevo abbastanza.
Le ore intanto passavano velocemente e questo fu un viaggio di ritorno bellissimo. Era come ci conoscessimo da una vita. Non una malizia detta di proposito, non una parola detta fuori luogo, nulla che potesse recar imbarazzo per me.
Ero una ragazzina e loro avevano un che fare con me, direi, protettivo.
E quando approdammo al porto di Genova, che non era come l’attuale bellissimo e ordinato Porto Antico di Genova, questi 4 amici sardi mi accompagnarono affinché non incontrassi gente strana o balorda della zona portuale .
Poi ci salutammo con gratitudine e affetto.
Io andai verso casa…e loro a costruirsi il futuro.

Sono certo che molti di voi hanno vissuto esperienze simili, chi in Sardegna chi in altre parti del mondo… O magari semplicemente sui gradini nella piazzetta sotto casa…

Se anche voi volete condividere qualche racconto o storia su Genova e i genovesi noi saremo felici di pubblicare le vostre esperienze!

Ciao Pirati!

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