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Scappare dalla seconda Guerra Mondiale, di Angela Valle

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Nov 12, 2021

Ciao Pirati dei Ratti!!!

Vogliamo continuare a proporvi i racconti della vita genovese (e non solo) durante il periodo di guerra.

Troppo spesso diamo per scontato tutto quello che abbiamo, questo racconti li usiamo in famiglia per far capire ai bambini la fortuna che abbiamo noi che non abbiamo vissuto negli anni delle grandi guerre!

Come sempre ringraziamo la signora Mirta Marinari per la gentile concessione!

Buona lettura

Novembre 1942 – Lo sfollamento a Variana di Angela Valle

Dopo una quindicina di giorni di bombardamenti anglo-americani, ed anche di mitragliamenti sulla popolazione inerme (donne e bambini compresi), i miei genitori decisero, previo avviso per lettera, di sfollare a Variana da una cugina della mamma.

Allora, dopo la distruzione di Salita della Misericordia, abitavamo in una casa già sinistrata in cima a Via Flora e quella era ZONA MILITARE. Un giorno, mentre cercavamo di mangiare la poca roba che “la tessera” ci concedeva, un bombardamento e mitragliamento più forte degli altri costrinse a mettere in un borsone un solo cambio d’abiti, una bottiglia d’acqua e la pastasciutta che era rimasta nel piatto, e a scappare via.

Alla Stazione Brignole affollata di partenti non arrivavano treni ma poi, finalmente, riuscimmo a salire su un carro bestiame, sporco, maleodorante e, soprattutto, aperto ai lati. Io ho avuto per tutto il viaggio tanto freddo e tanta paura che me lo ricordo ancora adesso che sono molto vecchia. Tutti i momenti il treno (si fa per dire) si doveva fermare per gli allarmi e non si arrivava mai… ma finalmente, dopo circa tre ore, giungemmo ad Arquata Scrivia (Alessandria).

Da lì c’erano più di cinque chilometri da fare a piedi, in piena notte, piena solitudine e con un freddo bestiale nonostante il cielo sereno e la luna piena e limpida. Ci siamo incamminati per fermarci poi a metà strada, stanchi e affamati, vicino ad un abbeveratoio che buttava acqua gelida. Lì abbiamo mangiato avidamente la pastasciutta gelata che la mamma aveva ficcato in borsa il mezzogiorno precedente, dentro una carta oleata.

Poi abbiamo ripreso il cammino per arrivare, verso le due di notte, alla casetta di Teresina, la cugina di mamma. Non sono mai riuscita, né mai riuscirò, a descrivere la stranissima sensazione che ho provato trovandomi in un posto dove non ci fossero bombardamenti e mitragliamenti, dove non si dovesse scappare ogni momento del giorno e della notte, mentre si mangiava e mentre si dormiva…sì, ero arrivata in Paradiso!

Ma anche in Paradiso c’era però da soffrire. Fame e freddo erano all’ordine del giorno. Cambio abiti e biancheria, uno in quasi sette mesi e poi, dulcis in fundo, non si sapeva come e dove fare i propri bisogni, dato che avevamo una stanza di passaggio e mi sembrava un sogno quando Teresina mi dava il permesso di farli nella stalla dove il bue non mi voleva e dove dovevo pulirmi, come sempre a Variana, con una ruvida foglia mentre ho sperato, per più di sei mesi, di avere un pezzo di carta che non c’era.Un giorno papà disse che non aveva più soldi e bisognava che tornasse a Genova per cercare di riaprire il suo negozio (ex oreficeria) ormai sinistrato e svuotato dagli sciacalli.

Io ho voluto seguire i miei genitori, perchè la mamma avrebbe comunque seguito papà. In maggio ci mettemmo addosso i nostri cappotti (quelli che avevamo indossato il precedente Novembre). Del mio, che era stato ricavato rovesciando un paltò di papà, ho già raccontato in precedenza!

Ciao P.

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