Ciao Pirati dei Ratti!!!
Oggi vorremmo consigliarvi questo racconto che ci ha fornito la Signora Mirta Marinari. È un ricordo che la sua cara mamma le ha lasciato e che ci fa capire come si viveva durante gli anni della seconda guerra mondiale!
Buona lettura
Piccoli doni preziosi
Nel 1928 (a 5 anni) ho avuto in dono da mio papà una tavola pitagorica, in modo che andassi poi a scuola sapendo già le tabelline: era stata fatta da lui col coperchio di una vecchia scatola al quale, dopo avere dato le giuste dimensioni, aveva attaccato con la colla un pezzo di foglio di quaderno a quadretti su cui aveva scritto tutti i numeri. E questo fu il secondo “regalo” che io ho ricevuto perchè il primo era dell’anno precedente e consisteva in un pallottoliere costruito da papà con il legno di una cassetta presa al mercato di Corso Sardegna, con del filo di ferro e con le palline fatte con la midolla di pane e poi colorate con non so cosa: i colori erano scuri e sbiaditi ma a me piacevano lo stesso ed è con quel pallottoliere che io, a quattro anni, ho imparato a contare.
A quei tempi (1929 e giù di lì) non usava il regalo di Natale ma soltanto quello della Befana, anzi, per me non usava nemmeno quello, se si eccettua una volta, a sei anni, quando papà mi disse che quell’anno la Befana sarebbe passata anche da quelle parti e quindi avrei dovuto mettere la mia calzina appesa sotto la cappa: così ho fatto e l’indomani mattina ci ho trovato dentro una scarpina di cioccolata al latte con tre cioccolatini, tre caramelle e un pezzo di carbone vero. In più c’era un biglietto con su scritto in stampatello (e lo ricordo come fosse ora) “SII BUONA”.
Per molto tempo, finchè ho creduto alla Befana, mi sono chiesta il perché di quelle due parole, ma non ho mai chiesto nulla perché a me pareva di esserlo già buona!
La zia Carla non era mia zia ma una cara vicina di casa, anzi di pianerottolo, amica di mia mamma, che di mestiere faceva la stiratrice su un grande transatlantico di cui non ricordo il nome, che effettuava la rotta Genova – New York e ritorno. Questo ho detto per spiegare perché la zia Carla (che io chiamavo in genovese lalla Carla) mi portasse in dono dall’America delle bambole. Ma si è fermata alla seconda perché la mia mamma non mi ci ha lasciato mai giocare, ponendole invece in cima al guardaroba Liberty. Io le guardavo sempre dal basso e le ricordo così: una molto grande, alta, magra, coi capelli neri e l’altra più piccola, tutta di panno Lenci, bionda e a riccioli, con un bel vestitino lilla con applicazioni di fiorellini. Io stravedevo per quella bambola ma non ho mai potuto toccarla e così è finita, con l’altra, sotto il bombardamento del 22 Ottobre 1942.
Ma ciò che è rimasto impresso nella mia mente più di tutto è l’unico regalino – pensierino che mamma mi ha fatto nel 1943 (avevo 20 anni), dopo lo sfollamento a Variana (6 mesi di cui parlerò più avanti) e in piena guerra. Mamma era andata a comprare dei fili da cucire dalla tabaccaia lì vicino che vendeva un po’ di tutto, e mi ha comprato un vasetto piccolissimo di ceramica bianca e celeste con su scritto POND’S. Ero così contenta quando mamma me lo ha consegnato che mi sentivo tutta un brivido, non tanto per il regalo quanto per il fatto che, per la prima (e rimasta unica) volta, la mamma avesse ricordato di farmelo. E con i miei soldi dello stipendio, perché io ho sempre dovuto consegnarlo tutto intero, prima a mamma e poi a mio marito. Comunque, quel vasetto che conteneva crema per mani e per viso lo tenni sempre con me finchè un bombardamento ci distrusse mezza casa e sparì con essa anche il vasettino. Però ancora oggi, arrivata alla fine dei miei giorni, lo ricordo con amore e tenerezza.
E voi ricordate il vostro primo regalo? Io ricordo benissimo quando a 4 anni papà mi ha regalato il mio primo Lego “da grandi”. Non i Duplo, ma un Lego con i mattoncini piccoli! Era un camion dei pompieri. Da quel giorno è nata la mia vera passione per i Lego!
Ciao P.
Anche per me i regali erano rarisssimi e quasi sempre di seconda mano, cioè di qualche improbabile cugino più grande. Ne ricordo però uno in particolare ricevuto da una qualche cliente/amica di mia madre che svuotando la cantina aveva trovato una vecchissima automobile rossa a pedali , interamente in legno, molto ben conservata e di pregevolissima fattura. Ricordo anche che avevo una decina d’anni, di robusta corporatura per non dire grassottello, quindi avanti negli anni per giocare con una macchina a pedali: era però troppo bella per non potermela godere, quindi, non curante del giudizio di chi mi ci vedeva sfrecciare sopra, la sfruttai per una decina di giorni fino alla sua completa distruzione. Andavo alla sommità di una strada poco trafficata e giù alla massima velocità possibile. Oggi quell’oggetto avrebbe sicuramente un alto valore commerciale ma il piacere che mi ha dato in quei giorni non ha prezzo.
Grazie della bellissima testimonianza!